mercoledì 23 maggio 2012

gilda

Una morbida palla di pelo che russa.
Una piccola coda scodinzolante.
Uno spirito allegro e giocoso.
Una presenza costante e simpatica.
Uno sguardo profondo, espressivo, con due occhi che di animale hanno ben poco.
Una fonte enorme di affetto, sincero, incondizionato.
Una fedele compagna di vita che moltissimo mi ha dato non chiedendo nulla in cambio.
Così la ricorderò.



martedì 21 febbraio 2012

the wheel of fortune

La ruota gira.
Era anche ora aggiungerei.
E come gira in questo periodo mi piace. Cazzo se mi piace.
Dopo aver archiviato definitivamente le cinque fasi mi ritrovo ora davanti al mare aperto. Sorrido. E talvolta non riesco a smettere!
Il merito della mia svolta va anche alle persone che mi hanno ascoltato e che mi hanno spronato a vedere la situazione come una nuova occasione. Avevano ragione. Grazie.
Credevo di aver dimenticato certe situazioni, certe emozioni. Invece erano solo nascoste in un angolo, pronte ad incombere su chi avesse avuto la malaugurata occasione di risvegliarle.
Alcuni mesi fa riflettevo su questa pagina/blog/cosa sulla ricerca della felicità. Ho capito, discutendo con una persona a me cara, che prima di arrivare ad una delle tantissime forme sotto le quali si cela la felicità è essenziale raggiungere prima uno stato d'animo ancora più importante: la serenità.
Ora sono sereno. Via le nubi scure, ora è tornato il sole.
Ora posso finalmente godermi un nuovo mp3!





domenica 11 dicembre 2011

simple past, present perfect

L'ultima fase della mia vita è stata caratterizzata da profondi cambiamenti. Mi sono ritrovato molto a riflettere su me stesso e sulle persone che mi stanno attorno; soprattutto su quelle che mi sono state attorno. Nel corso di mille discussioni e ragionamenti spesso è uscito il tema del passato.
Dal calderone di parole ho estratto la conclusione che le persone si dividono principalmente in tre tipologie: quelle che vivono nel passato, quelle che al passato ci buttano un occhio per migliorare il presente e quelle, ma devo ammettere veramente un numero esiguo, che il passato lo snobbano alla grande, magari senza rinnegarlo ma anche senza dargli quantomeno la considerazione che meriti.
La prima categoria è composta da anime nostalgiche che rimpiangono i bei tempi andati, convinti che perpetuandone il ricordo prima o poi le stesse condizioni vissute possano materializzarsi nuovamente. Credo che nella quasi totalità dei casi tale speranza venga prima o poi sostituita da un profondo senso di tristezza e in certi casi limite tale sostituzione porti addirittura alle sindromi depressive. Il passato, per quanto meraviglioso possa essere stato, è passato. L'oggi si trova nel presente ed è da qui che bisogna procedere, tenendo però memoria di quello che ci siamo lasciati alle spalle, senza ossessioni.
La seconda tipologia ha proprio questa impostazione, andare avanti ma con lo specchietto retrovisore a portata. La sua utilità sta nel tenere a mente gli errori commessi, magari anche a rivalutarli e cercare di evitare che si ripresentino. Ma anche quella di rivisitare i successi e le soddisfazioni passate, le scelte giuste e i bei momenti. Le felicità trascorse. Inoltre, e non da meno, il retrovisore ha il compito di farci ricordare chi siamo, nel senso più alto del termine.
Il terzo tipo è forse quello per il quale nutro meno simpatia ma pur sempre rispetto, anche se non riesco proprio a comprenderne e condividerne i precetti.
Vivere oggi. Punto.
Domani? Sarà sicuramente bellissimo!
Ieri? Non serve, grazie.
Certo ho schematizzato un po' frettolosamente, ma penso rispecchi abbastanza fedelmente la mia idea della terza categoria, nella quale, credo sia palese, io non mi rispecchi affatto (sarà causa la mia impostazione di appassionato di storia?). Ammiro l'ottimismo e la positività, ma per il resto: che tristezza!
Siccome amo le citazioni altrui vi lascio con l'esternazione, a tal proposito, di una delle persone che hanno avuto un ruolo primario nella mia esistenza:
"(...) anni (...) non valgono quanto un minuto di vita vissuta veramente, ora, con consapevolezza."
Amo e al medesimo tempo odio questa frase della quale io conosco i dettagli del contesto e alla quale ribatto:
"Il nostro essere oggi si è il risultato di ciò che abbiamo fatto nel passato, non l'idea di quello che potremmo fare nel futuro. Inoltre ritengo che la consapevolezza sia un'arma a doppio taglio: ciò che si crede di essere non sempre corrisponde a ciò che realmente si è. Il realizzarlo è cosa assai complicata e il più delle volte sconfortante, ma è l'unico modo per essere veri. Io ne sono testimone"
Ora vi lascio davvero, augurando a tutti buone feste e ricordando un'ultima citazione (ancora!?) di una vecchia pubblicità della pasta:
"Per essere davvero liberi bisogna avere radici."
Buon natale!




Un baso dal Baso!

domenica 20 novembre 2011

carta birra e consapevolezza

Scrivere aiuta.
Sotto molti aspetti. Serve a riordinare i pensieri, ad alimentare la creatività, a semplificare i sogni. A volte concilia anche il sonno. E' un valido mezzo per non perdere il filo dei ragionamenti e cosa ancor più importante a non dimenticarli.
Districandomi funambolicamente attraverso le tanto blasonate cinque fasi conseguenti ad un "evento di forte impatto emotivo", posso affermare che lo scrivere sia un mezzo molto utile per attraversarle con chiarezza e dignità (soprattutto quelle della rabbia e della frustrazione). Oppure ci sono gli psicologi, ma quelli bisogna pagarli... In certi casi, però, sono essenziali.
Consiglio quindi di scrivere ma in particolare di rileggere quel che si ha scritto a distanza di tempo in modo da capire fino in fondo ciò che si è fatto o detto, se ne è valsa o meno la pena e se sono stati fatti degli errori, per poterli eventualmente correggere (sempre se si è ancora in tempo) e poter continuare a vivere. Possibilmente anche meglio.
Questo stratagemma del riportare nero su bianco avvenimenti eccezionali e i comportamenti e i pensieri che ne conseguono è una forma economica di analisi che da la possibilità di conoscere più a fondo il proprio Io e magari di raggiungere una certa serenità interiore che è poi base essenziale per essere felici.
Alla ricerca della felicità.
E' un film carino oltre che una necessità dell'uomo. Tutti ne abbiamo bisogno e tutti ne siamo alla ricerca, ognuno a suo modo, ognuno identificandola in un qualcosa che lo appaghi nel profondo.
C'è chi la trova negli affetti, nella famiglia, nei figli, chi nel benessere economico o nel raggiungimento di un modello sociale e chi in una semplice birra gelata in buona compagnia sotto un cielo stellato. C'è poi chi delega la propria felicità agli altri ma questo è un terreno delicato perché le conseguenze possono essere imprevedibili, oltre che spiacevoli.
Qualunque sia la fonte della felicità dovrebbe comunque essere una forma di appagamento personale, del singolo, anche se io ritengo che la condivisione di una gioia comune sia di gran lunga più preziosa, impareggiabile. Mia modestissima opinione.
La mia magra esperienza mi ha insegnato che non sempre è facile capire che cosa ci renda davvero felici e che il percorso che porta al raggiungimento della felicità idealizzata è spesso costellato da insuccessi e dispiaceri. Non bisogna mollare, certo, ma credo si debba saper valutare gli effetti collaterali della nostra ricerca evitando che diventi un'ossessione. Quando si è infelici spesso ci si mette alla ricerca disperata della contentezza a tutti i costi e altrettanto spesso si finisce solo con l'aumentare il disagio e la confusione. Oppure ci si intestardisce provando e riprovando esperienze nuove nella disillusa convinzione che possano tappare il buco lasciato da un evento triste, da un abbandono.
Maledette esperienze personali.
Quello che ho appena scritto mi serve a fare luce sul mio concetto di felicità ma soprattutto sul modo di ricercarla. Domani rileggerò queste righe e capirò se sono una persona coerente oppure un gran cazzaro.
Riguardo all'ultima fase, quella dell'accettazione, credo di non averla ancora raggiunta pienamente ma ritengo aver indirizzato i piedi sulla giusta via.




Bisognerebbe tentare di essere felici, non fosse altro per dare l'esempio 
[Jacques Prévert]

sabato 8 ottobre 2011

credevo fosse un calesse e invece no

Piano piano si dipana nel mio cervello la realtà delle cose. Sono sempre stato un po' lento nelle questioni relazionali ma alla fine ci arrivo anche io. Capisco.
Mi rendo conto che Occam col suo cavolo di rasoio aveva ragione (e cazzo se aveva ragione!) quando diceva che "a parità di fattori la spiegazione più semplice è da preferire" [cit.]. Inutile, sgradevole e frustrante cercare motivazioni fantasmagoriche (si potrà poi dire!?) per fare in modo che almeno il proprio ego non si indigni a fare i conti con la verità delle cose, provando a giustificare, interpretare e spesso volutamente ingoiare cucchiaiate di merda pur di non ammettere il fallimento.
Gli avvenimenti degli ultimi mesi mi hanno segnato. Ragionandoci a freddo (o forse meglio dire a tiepido) mi rendo conto di un mare di errori che avrei potuto e dovuto evitare, di un sacco di situazioni e azioni accettate o volutamente sorvolate e soprattutto del mio scarso metro di giudizio. E a questo punto anche del mio poco amore per me stesso. Non è tutto oro quello che luccica caro Baso! La sopravvalutazione delle persone è un mio difetto.
In un post precedente mi chiedevo se la gente potesse cambiare: la risposta è si. Ora lo sono anch'io .
Meglio tardi che mai.
Ora la mia bocca è meno amara, il mio orgoglio si lecca le ferite e le mie aspettative sono più rosee.
Alti e bassi.
Ieri bassi.
Oggi decisamente alti!
Domani si vedrà.



giovedì 8 settembre 2011

buffo

Buffo come a volte si creda di aver trovato ciò che si andava cercando, di conoscere a fondo le persone o la realtà delle cose. Buffo scoprire che spesso non sia così.
E' buffo come la razionalità ci imponga di accettare che due più due non può fare cinque ma che allo stesso tempo l'istinto, il cuore o forse la stupidità o chessò io, vorrebbe a tutti i costi che i conti non tornassero per la cena.
Anche se l'esperienza mi ha insegnato che un giradischi dopo che si è rotto non funziona più, trovo buffo come alle volte mi ostini a pensare che magari insistendo si possa farlo ripartire, oppure, chimera, stando lì fermo possa essersi magicamente aggiustato. O che addirittura (alternativa ancora più impossibile) tale marchingegno tecnologicamente obsoleto possa guardarsi allo specchio e decidere di ripartire da solo.
Be', basta giradischi, è ora di farsi un lettore Mp3.
Fortunatamente la vita è spesso bella e positiva, solo che tendiamo a ricordare con maggior lucidità i momenti tristi e brutti, i conti che non tornano e i giradischi scassati, forse perché, quelle negative, sono emozioni che ci segnano in modo più profondo.
E' così che improvvisamente dalla fitta coltre di nuvole sopra la mia testa è spuntato un bel raggio di sole. Timido si, ma bello e inaspettato e per questo ancora più gradito.
Buffo.




:)

lunedì 15 agosto 2011

galleggiare

Sembrava meno difficile. Affrontare i cambiamenti non mi è mai piaciuto. Quando poi sono radicali...
Cosciente che le cose sono quelle che sono, che la realtà è quella che conosco e che nemmeno San Gennaro potrebbe interagire per smussarla almeno un po', deciso a prendere il toro per le corna e domarlo secondo i miei intenti, mi ritrovo mio malgrado a vacillare.
I propositi ci sono, un fine anche, ma la strada per raggiungerlo è avvolta nella nebbia. Nel percorrerla vengo assalito dai ricordi, dalle occasioni sfuggite, dai progetti abbandonati che non vedranno mai realizzazione. Mi perdo in un tunnel di ricordi che affiorano come funghi, in ogni direzione in cui volti lo sguardo. Mi rendo conto che non è facile scindere ciò che è stato da ciò che ora è. Non è semplice abituarsi ai cambiamenti. Almeno per me.
Improvvisare, adattarsi, raggiungere lo scopo. Solo che questa non è una battaglia ma la vita. E soprattutto io non sono Gunny Highway.
Ma si va avanti, si galleggia.
L'altra sera, dopo l'ennesima chiacchierata con amici davanti all'ennesima birra, sono riuscito a fare l'ennesimo punto della situazione. Sconfortante ma chiaro, triste ma necessario, scomodo ma illuminante.
Il treno sul quale stavo viaggiando ha fatto una fermata inattesa e il controllore mi ha gentilmente fatto capire che era ora scendere, non c'era altra soluzione. E' un peccato perché avevo intenzione di proseguire il viaggio fino alla fine. All'inizio ho protestato, mi sono opposto non riuscendo ad accettare la situazione.
Poi ho capito.
Ora sono seduto comodamente sulla panchina a bordo binario, le gambe stese. Osservo il mio convoglio che si allontana fino a diventare un puntino lontano, indistinguibile. Come proseguirà il suo viaggio non è più affar mio. Non più.
Ora respiro a pieni polmoni un'aria che dentro al mio vagone era svanita da tempo. Forse avrei dovuto aprire io i finestrini ogni tanto.
Osservo i viaggiatori che mi circondano, chi in attesa di partire, chi è appena arrivato. C'è anche chi rimane cocciutamente seduto al proprio posto, guardando fuori dal finestrino di un treno che non riparte e forse nemmeno più ripartirà, osservando immobile ciò che lo circonda. Forse anch'io ero così. Forse.
Rimuginando a più non posso ho però raggiunto la consapevolezza che alla fine la situazione oramai è questa e che se proprio su quel treno non ero più persona gradita... bè, fanculo cazzo, chi non mi vuole non mi merita (cit. rubata alla mamma di un'amica)!
Ora, galleggiando, vado a consultare il tabellone degli orari...





Buon viaggio