domenica 20 novembre 2011

carta birra e consapevolezza

Scrivere aiuta.
Sotto molti aspetti. Serve a riordinare i pensieri, ad alimentare la creatività, a semplificare i sogni. A volte concilia anche il sonno. E' un valido mezzo per non perdere il filo dei ragionamenti e cosa ancor più importante a non dimenticarli.
Districandomi funambolicamente attraverso le tanto blasonate cinque fasi conseguenti ad un "evento di forte impatto emotivo", posso affermare che lo scrivere sia un mezzo molto utile per attraversarle con chiarezza e dignità (soprattutto quelle della rabbia e della frustrazione). Oppure ci sono gli psicologi, ma quelli bisogna pagarli... In certi casi, però, sono essenziali.
Consiglio quindi di scrivere ma in particolare di rileggere quel che si ha scritto a distanza di tempo in modo da capire fino in fondo ciò che si è fatto o detto, se ne è valsa o meno la pena e se sono stati fatti degli errori, per poterli eventualmente correggere (sempre se si è ancora in tempo) e poter continuare a vivere. Possibilmente anche meglio.
Questo stratagemma del riportare nero su bianco avvenimenti eccezionali e i comportamenti e i pensieri che ne conseguono è una forma economica di analisi che da la possibilità di conoscere più a fondo il proprio Io e magari di raggiungere una certa serenità interiore che è poi base essenziale per essere felici.
Alla ricerca della felicità.
E' un film carino oltre che una necessità dell'uomo. Tutti ne abbiamo bisogno e tutti ne siamo alla ricerca, ognuno a suo modo, ognuno identificandola in un qualcosa che lo appaghi nel profondo.
C'è chi la trova negli affetti, nella famiglia, nei figli, chi nel benessere economico o nel raggiungimento di un modello sociale e chi in una semplice birra gelata in buona compagnia sotto un cielo stellato. C'è poi chi delega la propria felicità agli altri ma questo è un terreno delicato perché le conseguenze possono essere imprevedibili, oltre che spiacevoli.
Qualunque sia la fonte della felicità dovrebbe comunque essere una forma di appagamento personale, del singolo, anche se io ritengo che la condivisione di una gioia comune sia di gran lunga più preziosa, impareggiabile. Mia modestissima opinione.
La mia magra esperienza mi ha insegnato che non sempre è facile capire che cosa ci renda davvero felici e che il percorso che porta al raggiungimento della felicità idealizzata è spesso costellato da insuccessi e dispiaceri. Non bisogna mollare, certo, ma credo si debba saper valutare gli effetti collaterali della nostra ricerca evitando che diventi un'ossessione. Quando si è infelici spesso ci si mette alla ricerca disperata della contentezza a tutti i costi e altrettanto spesso si finisce solo con l'aumentare il disagio e la confusione. Oppure ci si intestardisce provando e riprovando esperienze nuove nella disillusa convinzione che possano tappare il buco lasciato da un evento triste, da un abbandono.
Maledette esperienze personali.
Quello che ho appena scritto mi serve a fare luce sul mio concetto di felicità ma soprattutto sul modo di ricercarla. Domani rileggerò queste righe e capirò se sono una persona coerente oppure un gran cazzaro.
Riguardo all'ultima fase, quella dell'accettazione, credo di non averla ancora raggiunta pienamente ma ritengo aver indirizzato i piedi sulla giusta via.




Bisognerebbe tentare di essere felici, non fosse altro per dare l'esempio 
[Jacques Prévert]

2 commenti:

  1. Scrivere fa bene, sì!
    Anche la felicità fa bene solo che delle volte passa così velocemente che non c'è neppure tempo di rendersene conto. Subito si ripiomba nella normalità. Rendere la normalità costantemente felice è cosa impossibile per cui forse è bene accettare la normalità estraendo da essa un po' di serenità.
    Ciao Augu'!!!

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  2. Adorabile "cazzaro". Ma quanto stai diventando saggio?

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